Firenze, son capitata qua figlia di nomadi
Giganti caduti da una giostra, un giudice e una donna
un uomo e una maestra.
Fratello e sorella condomini della mia stessa guerra ironica e contorta,
la porta segnava una dogana tra il nido e un paradiso di figli di puttana.
Le corse fori a fassi male a 'i fisico,
spinelli, ragionamenti e un partitino a Risiko
e a casa t'aspettavano du' sberle, un bacio e una frittata,
amore odio e cioccolata.
Compagni di scuola bianconigli
e i ruvidi consigli di professoresse tiepide:
"Signora, sua figlia la un ci viene a scuola
e se ci viene, viene per andare male, divagare....
Divagare sì, divagare... Divagare eh....
Ci credo, ridevo, tacevo tra me e me come un'ossessa
ripetendo: "Mica posso stare ferma su sto banco color indaco
ch'è un pulpito da sindaco, è la gonna d'argento
d'una zingara d'appartamento...
Firenze, ti ho ritrovata come una tavola apparecchiata
di vini e viscere, piccole storie nere,
voglia di vivere con le straniere.
Tra due natali e un capodanno passato a urlarti di fianco...
Firenze, domani l'altro parto....
Ma oggi c'è
Solo il campanile l'aria gentile, gente che ride
gli occhi di aprile. (ad libitum)
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